Ciao, sono Matteo e morirò.
È l’unica certezza della mia vita, l’unica cosa che sono sicuro accadrà. Non ho intenzione di dirti: “Hai ancora tutta la vita davanti”, perché non è vero. Nessuno di noi sa quando giungerà la sua ora. Siamo appesi ad un filo, magari sorretto da Dio, magari da Allah, magari dalla natura, o, forse, dal destino.
Conosco persone che vivono la propria vita per inerzia, che la mattina si alzano per vestirsi e andare a gestire un’azienda senza sapere nemmeno cosa vogliono dalla vita. E, finché torcono il collo in posizioni da peluche ad arti snodabili alla ricerca del nodo alla cravatta perfetto, un timer scorre. Il filo della marionetta inizia a cedere. Il corpo sprofonda, millimetro dopo millimetro, nel baratro chiamato decesso.
Questi non sanno cosa fare, non hanno idee, non possiedono alcun obiettivo, ma si limitano a vivere senza scopo e senza meta. Io, se mi ritrovassi in una situazione simile, mi sveglierei, o cercherei di farlo, provando in tutti i modi a rimediare.
Mi è sempre interessato cercare di capire perché una persona viva e abbia intenzione di continuare a farlo. Ho ovviamente provato a porre questa domanda in maniera diretta a qualche conoscente, ricevendo nella maggior parte dei casi una presa in giro, una fragorosa risata o un rimprovero. “Dio ha dato la vita e Dio la toglierà” mi sembra un’idea Ottocentesca dell’esistenza umana. In un paese come l’Italia, dove gli antenati dei 60 milioni che siamo hanno, in qualche maniera, vissuto lo Stato della Chiesa a pieno potere, le lotte tra Papa e Stato e i discendenti delle divinità che assumono potere politico, è complicato parlare di vita. È un concetto che chiunque considera astratto, ingovernabile, come se veramente dovessimo vivere per un “dono dal cielo” e non per una nostra scelta.
Questo bias probabilmente è il responsabile dell’indecisione che domina questo campo: “Sappiamo che Dio conosce il motivo per cui siamo al mondo, ma forse crediamo che non spetti a noi conoscerlo o gestirlo” è un comune pensiero.
La mente umana ha una naturale predisposizione per concentrarsi su ciò che è concreto, semplice e immediato. Non a caso, se ognuno di noi si girasse a guardare le orme del proprio passato, noterebbe un continuo rapporto “Bisogno? Soluzione!” e mai qualcosa del tipo: “Bisogno prolungato nel tempo? Investimento di energie per portarmi ad una soddisfazione futura e prolungata”. Insomma, nessuno vuole focalizzarsi sul futuro, ma solo ed esclusivamente sul presente. Perché? Perché il futuro è incerto! Non sappiamo quando moriremo, né tantomeno se domani saremo ancora in grado di portare avanti l’investimento fatto oggi.
È un ragionamento sensato, non lo metto in dubbio, ma vi viene da pensare che, andando avanti su questa strada, nessuno progetterà mai un qualcosa a lungo termine, limitandosi a vivere per inerzia, alla giornata e a vagare senza meta.
Insomma, l’invito che voglio farti è quello di cercare di fare pace con te stesso all’idea della morte, nonostante sia complicato riuscirci, di cercare di vedere questo evento come la tua unica certezza e regolarti di conseguenza.
memento v. lat. [imperat. di meminisse «ricordare», quindi: «ricòrdati!»]. – 1. Usato come s. m., nome (dalla parola iniziale) di due preghiere che fanno parte del canone della messa in latino: una all’inizio [...] (Genesi III, 19); da esse fu poi dedotto anche il motto dei frati trappisti, memento mori «ricòrdati che devi morire».
Se davvero nella vita vorrai combinare qualcosa, sbrigati, organizzati, e sappi che ogni secondo buttato è un secondo che non torna più.
Grazie.
Ciao Matteo, prima di tutto come stai? Detto ciò volevo sapere da te come verrà sostituita la PEC grazie buon pomeriggio 🤗